Il cocktail Martini l’icona pop del bar.
Quando si parla di cocktail Martini si parla di un’icona del mondo del bar. L’immagine stessa del drink rappresenta un’icona pop, un triangolo trasparente con lo stelo , la classica coppa ypsilon, contenente una pallina, l’oliva.
Il cocktail Martini è quel drink che ha fatto la storia della miscelazione, legando indissolubilmente il concetto di barman al concetto di miscelazione. Parliamo di miscelazione quando inseriamo all’interno di un bicchiere almeno due ingredienti. Il cocktail Martini, proprio per il suo spirito complesso e allo stesso tempo elementare, è quello che contiene alla giusta temperatura i due ingredienti.
Il cocktail Martini ha diverse declinazioni, per cui è più giusto definirlo come una famiglia di cocktails. Le variazioni sull’idea di base sono influenzate dalla storia, dai costumi, dagli usi sociali, dalle mode in cui tanta parte hanno avuto il cinema e il mondo della pubblicità.
Tuttavia il Martini resta una sorta di cartina di tornasole del bar. Se vado in un cocktail bar e voglio mettere alla prova le capacità del barman e comprenderne lo stile, spesso prendo come riferimento e ordino un cocktail Martini.
Cocktail Martini e temperatura di servizio.
Il primo fattore ad influenzare la qualità di questo cocktail è la temperatura di servizio che dovrebbe sempre essere molto bassa. Se ben realizzato un cocktail Martini viene servito sotto lo zero, perché la bassa temperatura riduce il rumore di fondo dell’alcool e regala al gusto, quindi al palato e ai profumi, ossia al retro palato olfattivo, tutta la complessità dal gin. Più è freddo il gin servito nel bicchiere, maggiore sarà la percezione dei profumi contenuti nella distillazione del gin.
Profumo da bere
Il cocktail Martini è profumo da bere, e per eccellenza il gin è il primo profumo del bar. Infatti ogni gin contiene nella sua preparazione una quantità differente di botaniche dominanti, più qualche profumo di testa, infine un lascito di coda.
Il Martini mette in risalto questo buquet di aromi, risultato di tanti punti di forza, che determinano all’assaggio la complessità di una struttura alcolica. Un martini servito a bassa temperatura permette quindi di distinguere questa complessità di aromi senza avvertire l’alcolicità.
1000+1 Martini
Il cocktail Martini è, come già detto una famiglia di drink, nel tempo ha cambiato la sua forma adattandosi alle mode, al gusto, alle influenze del cinema. Si pensi a James Bond che con il suo personaggio trasforma il martini in un vesper, piuttosto che in uno stir and strain o uno shake not stir.
La cosa migliore per ottenere un buon cocktail Martini potrebbe essere, perché le mode hanno influito e continuano ad influire sulla sua preparazione e sulle abilità del barman, uno stir, proprio perché nello shakeing i profumi tendono ad impazzire e si perdono. Il modo migliore per trattenere i profumi è non agitarli eccessivamente, per non disperderli.
Il cocktail Martini servito molto freddo, invece, è quel drink che contiene, mantiene, trattiene tutte le qualità del distillato.
Preparazione del Cocktail Martini
Preparazione del ghiaccio nel mixing glass.
Si parte da un mixing glass alto, un sokata, un bicchiere da miscelazione più alto che ci permette di trattenere le temperature. Predispongo il bicchiere temperando il mixing glass in due tempi. Nella prima parte metto i primi cinque cubetti di ghiaccio, che saranno mescolati all’interno con lo stir, avendo una perdita d’acqua per centrifuga pari mediamente a un quarto d’oncia, mezza oncia, in pratica circa 1 cl., che andrà tolta dal bicchiere di miscelazione.
A questo punto avremo la prima parte del mixing glass, il bottom, molto freddo e lentamente dovremo trasportare quella temperatura fino alla metà del bicchiere aggiungendo altri 3/4 cubetti di ghiaccio. Creando uno choc termico in testa si può trasportare la temperatura che sul fondo si è stabilizzata, verso la parte alta del bicchiere. A questo punto con uno strainer si procede a filtrare nuovamente il bicchiere eliminando l’acqua in eccesso presente.
Estrazione a freddo degli oli essenziali dalla scorza di limone.
Solo a questo punto, nell’old style, si metteva all’interno del bicchiere da miscelazione una scorzetta di limone. Lo scopo di fondo era quello di estrarre oli essenziali senza toccare gli ingredienti. L’estrazione avveniva quindi a freddo usando come mole di spremitura i cubetti di ghiaccio.
Si ripete la fase di filtraggio del ghiaccio con lo strainer il mixing glass, che però a questo punto grazie all’acidità della scorza di limone, del profumo e degli oli essenziali è diventato leggermente poroso. Di fatto alcune parti degli oli essenziali si sono ancorati attraverso questo passaggio ai cubetti i ghiaccio.
Il vermouth dry.
Scegliamo di fare un cocktail Martini molto dry, molto secco. Inseriamo un quarto d’oncia di vermouth dry, che equivale circa a poco meno di 1 cl., in stile flair americano, e procediamo con lo stir a raffreddare il primo ingrediente.
Successivamente il vermouth raffreddato viene sacrificato, senza buttarlo, ma versandolo all’interno di un bicchiere più piccolo di quello di servizio, che potrò servire al cliente con l’aggiunta di una seconda oliva.
Il gin.
Il terzo e ultimo, importante passaggio di miscelazione arriva con il gin, inserendo un’oncia e mezza o 5 cl. di gin e subito dopo aggiungeremo altri 3/4 cubetti di ghiaccio, con lo scopo di ricreare di nuovo uno choc termico abbassando nuovamente la temperatura nel bicchiere da miscelazione.
Quindi procediamo con lo stirer e versiamo con uno strainer in una coppetta da Cocktail Martini, la classica coppa da cocktail triangolare con lo stelo, raffreddata precedentemente.
Non sarà necessario aggiungere lo squeeze di limone, proprio perché avremo già estratto a freddo, in mixing glass gli oli essenziali contenuti nella buccia del limone, ancorandoli al ghiaccio e distribuendoli in miscelazione al cocktail.
Conclusione
Più che shake il cocktail Martini per sua natura è da stir, proprio per rispettare e raccogliere tutti i profumi presenti in un gin e estrarli al meglio, senza disperderli. I 5 cl. di gin versati in coppa diventeranno circa 6 cl. ed è per questo che la classica coppa Martini era di 6,25 cl. per il classico one finger less.