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Dalle Spezie al Bar il passo è breve...

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Storie di bar

Speziology: il mio mestiere è l’aromatiere

05/01/2021 by Mia Terri

Mia Terri, pseudonimo Terry Monroe mente creativa di Opera 33 sito in Milano.

Opera 33 Milano

La curiosità erboristica mi ha sempre gongolato al punto di inserire all’interno del bancone del bar, tutti i principi utilizzati nella farmagnosi erborista e riportati a quella liquorista

Al Borgo Antichi Orti durare una serata MoonShine, distillazioni notturne.

Durante tutto il periodo di ricerca che ha trasformato la passione e la curiosità in regole, ho avuto modo di sperimentare in Opera 33, la mia drogheria delle spezie, dove alambicchi, fialette ed elixir fanno da protagonisti. La Sorciere, Saga, Witchcraft, o Maga delle Erbe accompagnano la figura popolare di chi dietro al bancone utilizza erbe e spezie per aromatizzare cocktails e creare nuovi gusti.

Opera 33, il mio laboratorio alchimista, mi ospita rendendomi prima attrice dal 1997 ad oggi dove divido e condivido con collaboratori ed avventori.

Da anni collaboro con scuole di formazione tenendo corsi specifici sulla creazione di aromi e profumi. Mixology è una parola che inquadra nel settore l’arte e lo studio dalla materia prima al drink.

Dal 2013 la collaborazione con scuole ed enti si è fatta sempre più fitta e parlare di erbe e spezie è diventato quasi indispensabile, da qui il mio “Speziology “ un percorso dedicato all’alchimia e allo studio degli aromi.

Dal 2016 la collaborazione intensa con aziende liquoriste e profumiere per unire il mondo del bar a quello degli aromi. L’aromatiere è il vocabolo che meglio descrive chi conosce erbe ed aromi e crea con aziende nuovi prodotti. Da distillati a liquori il passo è breve.

The Alkemist Bartender

La mia mappa dei colori in cui descrivo i gusti
Durante il corso a Milano
Il segreto è nel colore… lascia che la tua mente lo riconosca, è lì nel tuo archivio del gusto.

The Erborist Bartender

Il mio tavolo dell’alchimista
Mappe nautiche nel mare immenso degli aromi, foto effettuata durante una lezione sul profumo.

Lo speziere

Al Borgo Antichi Orti di Assisi
Dalla natura ai suoi doni
Herbal Mixology , il Lab al Borgo Antichi Orti di Assisi

Istrionica, curiosa, appasssionata…Mi racconto in pillole dal passato.

Da piccola mi affascinava andare in erboristeria perchè quella signora, di cui non ricordo il nome, aveva sempre un rimedio per ogni cosa e sapeva come, quanto di tutti i misteriosi barattoli che erano sugli scaffali.

Presto mi accorsi di esser portata per il mondo verde e mi divertivo a cercare i nomi dei fiori che cresc vano qua e là. Veloce fu il bello verso le aromatiche, alcune tipiche della nostra cucina mediterranea.

Ero un’analista contabile, ragioniera, ma la curiosità e la voglia di essere come la signora coi capelli rossi henné che ci serviva i suoi intrugli era più forte.

Terminati gli studi ed ormai compiuti i 18 anni feci un viaggio tra Siria e Turchia. Nacque il bisogno di sapere tutto lo scibile su quei profumi inattesi che loro chiamavano spezie. Mangiai qualcosa che non mi fece un gran che bene, mi indicarono a Damasco quell’antuca Apotheke che avrebbe sicuramente calmato i crampi.

Ricordo un “Umpalumpa” con un camice bianco che vi accoglie e parla poco l’inglese, ed io col mio scolastico di primo pelo. Beh, ci capimmo!

Ad un certo punto iniziò il suo saliscendi dalla scala a mo’ di libreria in questa parete fatta solo di cassetti in legno.

Chiesi cosa c’era in tutti quei cassetti e risposte: erbe medicinali, droghe e spezie.

Mi creó un intruglio e poi da quella polvere le pastiglie in capsula.

Non potevo credere a tanta conoscienza e tanta bellezza. Mi scrisse le quantità e i nomi usando il ceppo e la definizione botanica.

Mi disse, vai lì, c’è una farmacia tradizionale e chiedi questo nome.. guardai la descrizione del prodotto ed era lo stesso, o molto simile.

Stupita tornail il giorno dopo, il mal di pancia non c’era più, volevo ringraziare e fare due chiacchiere. Mi spiego che in quella zona erano fortunati perché il mercato era in un punto di grande scambio culturale tra oriente e occidente e, più semplice reperire materie prime introvabili. Chiesi, quante sono le erbe e le spezie e lui, il farmacista, rispose: dalle duecento alle millecinquecento specie diverse .

Pensai son tantissime le spezie e le erbe, voglio conoscerle tutte!

Iscritta a scienze erboristiche, tanto nozionismo ma poca magia. Mi informai, inizio la fame di libri in cui cercavo i paralleli tra folklore, misticismo, chimica, tradizioni ed inciampai nella parola Alchimia che subito mi porto indietro nel tempo, in uno storico a me sconosciuto ma d’istinto affine.

Cambiai il mio metodo di studio e, siccome la parola Achimia era sempre associata ad un retaggio culturale un po’ arcaico, evitai di parlarne in pubblico. Due motivazioni, non ne sapevo abbastanza per contrastare il confronto e, avevo un modo tutto mio di leggerla.

Spagiria, alchimia, la luna e le sue fasi, il colore verde di tutta quella magia legata al creato, bitanica, chimica organica biologia e fitoterapia. Un grande bagaglio da costruire.

Il mio lavoro era una passione nata per fascinazione. Credevo di essermi invaghita del barista, invece erano i suoi movimenti dietro il banco che mi affascinavano.

Feci dei corsi per Bartender, anche se la femmina era sempre un po’ discriminata.

La fortuna mi abbracció nel 1997, quando, spinta dall’idea è il sogno di avere un bar tutto mio, aprii con altre persone Opera che ai tempi di chiamava cafè, come del resto la moda consigliava.

Un anno e divenne tutto mio, solo mio e quel “Cafè” non mi piaceva. La via di grande transito e senza l’insegna per scelta, subivo la domanda più semplice cui rispondere: il numero civico? 33!

Divenne “Opera 33”

Aperti dalla mattina alla sera, usavo la cannella sui salumi chiari, la lavanda nel caffè e il pepe dovunque potessi, in qualunque salsa. Il coriandolo sapeva di sapone, come lo zenzero, ma se insieme a del pepe e a del miele perdeva quell’arroganza.

Non terminai gli studi erboristici, io volevo solo sapere cosa c’era in ogni bottiglia di amaro e come era fatto un bitter. Adoravo il Campari, di quel rosso simile al’alchermes utilizzato nelle zuppe inglesi come liquore da bagna. Sapeva più di cannella rispetto al Campari ed aveva un retrogusto più ruffiano, meno amaro.

Nel 1999 decisi di giocare a fare la barista interpretando il cammino dello speziere.

Tutto aveva un senso, la chimica, la botanica, lo studio.

I drink avevano spezie come guarnish e aggiunsi sotto Opera 33 la dicitura Drogheria delle spezie.

Entravano i miei avventori e sentivano tanti profumi di spezie, legni a cui io ero abituata e che non percepivo più.

Da allora sperimentazione e ricerca costante!

Alchimia era il mio modo di vedere una chimica che mi dava o privava di risposte.

Nella chimica cercavo conferme e l’alchimia mi metteva a confronto con mille dubbi e domande.

Una base buona di studi c’era, ma io volevo vedere come si comportavano gli aromi se miscelati con spiriti diversi.

Uniii lo studio alla sperimentazione ed eccomi qui.

Un po’ speziologa, un po’ mixologa e, perchè no, anche un pó mistica.

Osare per credere è uno dei motti che meglio mi descrivono.

http://www.speziology.it

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Dopo quindici anni di battaglia legale la UE restituisce dignità all’assenzio con il marchio IGP

02/09/2019 by Mia Terri

Dopo circa un secolo l’Unione Europea assolve l’assenzio.

Per gli amanti dell’assenzio la data di lunedì 19 agosto 2019 passerà alla storia. Infatti dopo quindici anni di battaglie legali François Guy, uno dei maggiori produttori di Pontarlier, storica area di produzione dell’assenzio, ottiene dall’Unione Europea il riconoscimento del marchio IGP, Indicazione Geografica Protetta per il distillato verde.

François Guy già negli anni Novanta si era battuto aspramente per togliere i divieti alla produzione di assenzio, dimostrando che il tujone, la molecola imputata di creare dipendenza, era del tutto inoffensiva.

Ma la storia dell’assenzio è una storia ricca di leggende e aneddoti che hanno attraversato i secoli per approdare solo nel 2019 alla piena assoluzione di un distillato che può vantare innumerevoli appassionati e produzioni di grande qualità.

Il marchio di origine garantita concesso dalla UE agli assenzi di Pontarlier mette fine alle condanne e apre una nuova stagione per i produttori francesi.

Storia e leggenda dell’assenzio

Fin dalle origini l’assenzio è oggetto di diatribe. Generalmente si attribuisce la paternità della ricetta del distillato al medico francese Pierre Ordinaire, esiliato in Svizzera a seguito della rivoluzione francese, che fin dal 1792 propone l’assenzio come un elisir per la cura di diverse patologie.

Ma l’assenzio sembra avere anche una maternità che è quella di Henriette Henriod, conosciuta come mamma Henriod, che sembra avesse realizzato questo distillato presa dalla sua grande passione per le spezie e la sua estrema fiducia nelle proprietà della Artemisia absinthium, miscelata poi con altre erbe e spezie.

Storia dell assenzio
Storia dell assenzio
Storia dell assenzio

In ogni caso alla morte del dottor Ordinaire, le sorelle Henriod di Couvet, in Svizzera, ne iniziarono la produzione e una minima commercializzazione come tonico, rimanendo ancora nella ambito farmacologico.

La famiglia Henriod dopo pochi anni, nel 1797, vendette la ricetta al maggiore Dubied, anch’egli di Couvet, che in società con Henri Louis Pernod suo genero, iniziarono la commercializzazione dell’elisir.

Nel 1805 Pernod di separò dal maggiore e si trasferì a Pontarlier in Francia dove aprì la prima distilleria ufficiale di Absinthe. Dubied intanto aveva iniziato a commercializzare il suo assenzio sotto il marchio “Dubied  pere et fils” a cui si associò nel 1872 Fritz Duval, cambiando il nome della distilleria in “Dubied e Duval”

Nel 1879 una nuova scissione voluta dal figlio di Duval, Henri François, diede vita al marchio “HF Duval”.

Il successo dell’assenzio in Francia era ormai una realtà sin dai primi dell’Ottocento. Già nel 1805, l’ora dell’aperitivo in Francia che era alle cinque del pomeriggio, veniva chiamata heure verte, “l’ora verde”.  

Quando nel 1830 le truppe francesi erano rientrate dalla guerra di Algeria, si era sparsa rapidamente la voce che l’assenzio, di cui i soldati francesi avevano goduto ampiamente durante la campagna d’Africa, aveva grandi capacità curative.

La fata verde dell’assenzio, si diceva avesse protetto le truppe francesi da ogni genere di pestilenza, dal tifo, al colera, dalla dissenteria alla malaria!

Alla metà dell’Ottocento le difficoltà dei produttori di vino francesi, diedero un’ulteriore spinta al consumo di assenzio, che diventa la bevanda nazionale. 

La produzione di massa ne abbassa il costo in modo sostanziale, favorendone il consumo e l’abuso, legati anche alle aberrazione della nuova società industriale, ma contestualmente l’assenzio inizia ad attirare l’attenzione e i sospetti dell’opinione pubblica.

Storia dell assenzio
Storia dell assenzio
Storia dell assenzio
Storia dell assenzio
Assenzio servito con il metodo Boemo
Storia dell assenzio

Sono gli anni d’oro dell’assenzio, nuove distillerie vedono la luce grazie al gradimento del pubblico, che comprendeva ogni classe sociale, dai nobili al popolo, dagli intellettuali come Boudelaire, agli artisti come VanGogh.

Tra i nuovi produttori troviamo “Emile Pernot e Cie.” che nasce a Pontarlier il 1 ottobre 1889 e il 12 ottobre dello stesso anno, etichetta la sua prima bottiglia di assenzio, diventando in seguito uno dei maggiori produttori del distillato verde.

Dal proibizionismo alla rinascita

Il successo dell’assenzio però non rende tutti felici, molti sono i detrattori che già dalla metà del XIX secolo iniziano ad imputare alla fatina verde il dilagare di gravi piaghe sociali. 

La scarsa qualità e il basso costo di molte produzioni diffonde a macchia d’olio il consumo che in molti casi diventa distruttivo per chi ne abusa. L’occasione per mettere un freno al consumo di assenzio arriva all’inizio del XX secolo.

Nel 1905, in seguito ad una notizia di cronaca che arriva dalla Svizzera, paese di origine dell’assenzio, porta al massimo la tensione politica, e il governo francese ne vieta la produzione e il consumo.

La notizia che venne cavalcata ad arte dai detrattori dell’assenzio, riguardava un contadino che dopo aver abbondantemente abusato di vino, aveva bevuto due bicchieri di assenzio e una volta tornato a casa aveva ucciso la moglie, le due figlie e infine si era suicidato. La colpa del misfatto venne scaricata tutta sui due bicchieri di assenzio che venne proibito in breve tempo. 

Ma le ragioni reali della proibizione furono più complesse, tre fattori influirono più di altro sul bando dell’assenzio. In prima linea la lobby dei produttori di vini che vedevano crollare il loro mercato sempre più divorato dall’assenzio e chiedevano a gran voce un intervento. La forte gradazione alcolica rendeva la bevanda verde il capro espiatorio perfetto da dare in pasto all’opinione pubblica. Infine la scarsa qualità di molte etichette, che commercializzavano assenzi che potremmo effettivamente definire poco più che veleni.

Sulla scia della proibizione francese, nel 1939 la vendita e la produzione di assenzio venne vietata anche in Italia, dove il consumo era decisamente più contenuto.

Bisogna arrivare al 1988 per vedere la fine della proibizione in Francia e in Italia addirittura al 1992, quando l’assenzio è ritornato tra i prodotti da bar, riscuotendo di nuovo l’interesse e il gradimento di un pubblico vasto.

Come si produce e come si beve l’assenzio.

L’assenzio, dal caratteristico colore verde, viene ricavato distillando l’Artemisia absinthium, o assenzio maggiore,  e per stemperarne il sapore amaro viene miscelato con altre erbe officinali, come Finocchio, Anice verde, Coriandolo, Melissa ed Issopo. Le due spezie che non possono mai mancare nella ricetta sono l’Artemisia absinthium e l’anice che conferisce a questo liquore il caratteristico aroma fresco e deciso.

Ci sono diverse ricette, che arrivano a comprendere fino a 15 erbe, create dai produttori Francesi, Svizzeri e Boemi. Oggi le etichette di assenzio sul mercato sono davvero tante e di ottima qualità.

Le modalità per bere l’assenzio sono essenzialmente due, il metodo francese e quello boemo.

Nel metodo francese si versa l’assenzio in bicchiere, sul bordo si poggia un cucchiaio traforato su cui viene messa una zolletta di zucchero, Per servire l’assenzio si versa acqua ghiacciata a filo sulla zolletta che diluisce l’assenzio. Il risultato è una bevanda dolce e molto aromatica

Nel metodo Boemo, che negli ultimi anni è diventato quello più diffuso, la zolletta di zucchero viene cosparsa con assenzio e incendiata. Prima che lo zucchero diventi caramello si versa acqua ghiacciata, si toglie il cucchiaio e si miscela.

Dove bere assenzio a Milano.

Milano è una città che storicamente offre con i suoi bar l’opportunità di provare anche prodotti particolarmente esotici. Chiaramente definire l’assenzio un prodotto esotico è ben sopra le righe, ma non è sempre facile trovare una buona gamma di assenzi al bar dell’angolo.

Uno dei luoghi che da sempre diffonde la cultura dell’assenzio è di sicuro Opera 33, in via Farini, zona Isola Garibaldi, dove è possibile trovare una gamma decisamente estesa di assenzi e gustarli bevendoli nel modo migliore.

Se volete conoscere tutte le qualità dell’assenzio Opera 33 è il vostro posto.

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Breve storia del bar in Italia

08/04/2019 by Mia Terri

L’Italia dei grandi caffè storici 

In principio fu il caffè, quando i turchi introducono in Europa la bevanda nera che immediatamente conquista il gusto degli europei. Siamo alla fine del ‘600 e in Austria nasce il primo caffè. Serve ancora qualche decennio e nel 1720 nasce a Venezia il Caffè Florian. È proprio da questo incantevole caffè veneziano che possiamo far iniziare la storia del bar in Italia.

caffè storici italiani il FLORIAN DI VENEZIA

I primi caffè sono luoghi elitari e punti di ritrovo per artisti ed intellettuali. L’alta società elegge questi nuovi luoghi a punti di ritrovo dove ben presto vengono ammesse anche le donne, che dimostrano di apprezzare questi nuovi spazi di socialità. 

In pochi anni i grandi caffè cittadini si moltiplicano, nasce il Pedrocchi a Padova, il Gilli a Firenze, il Greco a Roma, il Caffè Florio a Torino, il Gran Caffè Renzelli a Cosenza. 

lo storico caffè Gambrinus di Napoli

Nel corso dell’ottocento nascono altri grandi bar storici, come Le giubbe Rosse di Firenze ritrovo preferito di pittori e scrittori futuristi da Balla a Boccioni, da Marinetti a D’annunzio. Proprio di fronte, nella stessa piazza Repubblica nasce il Caffè Concerto Paszkowski. A Napoli è il Caffè Gambrinus che diventa centro della mondanità e della cultura cittadina. A Palermo l’Antico Caffè Spinnato è il salotto cittadino tra i due teatri della città il Massimo e il Politeama.

Dai caffè al bar

L’uso del termine bar arriva in Italia dall’etimo inglese che definiva la barra, la linea di demarcazione che ancora oggi divide i clienti dal barman.

Il primo bar in Italia nasce ancora a Firenze alla fine dell’ottocento, intanto da luogo delle élite è diventato centro di incontro per tutte le classi sociali. Al consumo di caffè si affianca il consumo di alcolici e bevande, iniziando la trasformazione che porterà il bar nel ventesimo secolo e alla nascita del concetto di american bar.

Sono tantissime le storie nate nei bar in Italia attraverso tutto il ‘900. Il bar continua a rappresentare il luogo per eccellenza della socialità, dai piccoli ai grandi centri. Nel dopoguerra si raggiunge l’apoteosi quando a Roma in via Veneto la “dolce vita” è quella che passa dai tavoli dei bar. A Milano il bar Jamaica diventa il centro di incontro di artisti e scrittori che fanno di Brera il loro quartiere. 

Il bar jamaica negli anni 60  a Milano

Nei bar si gioca, si ride, ci si innamora e naturalmente si beve. Il concetto di american bar e di bere miscelato inizia ad incontrare il gusto degli italiani e i primi grandi cocktail si diffondono tra i  clienti, il Milano-Torino, nato alla fine dell’ottocento e le sue varianti, l’Americano e il Negroni aprono la strada agli internazionali, il cocktail Martini su tutti.

Il boom economico porta una parte sempre più ampia della società italiana ad accalcarsi nelle terrazze dei bar per chiudere la giornata. 

Gli anni ottanta e la Milano da bere.

Dopo la cesoia e le paure degli anni settanta, in cui il Paese viene messo sotto pressione dal terrorismo e dalla strategia della tensione, gli anni ’80 vedono l’esplosione di una nuova voglia di vivere e condividere e il centro di  aggregazione è ancora il bar.

“La Milano da bere” claim della pubblicità di un amaro, diventa simbolo della nuova società italiana in cui si diffonde una nuova ricchezza e uscire per incontrarsi è un imperativo.

Gli anni ’90 e l’happy hour

Il nuovo decennio si apre con una nuova rivoluzione al bar, l’epicentro è ancora Milano, quando Vinicio Valdo si inventa l’happy hour, offrendo da mangiare gratis ai clienti del bar per trattenerli più a lungo e fargli dimenticare la cena.

il roialto a Milano

È il momento del Cap Saint Martin, il Roialto, l’Invillà, il Diva, il Tribeca Lounge, il Julep’s, solo per citare alcuni dei luoghi più frequentati all’ombra della madonnina.

La nuova tendenza da Milano si diffonde rapidamente a tutta Italia, come sempre succede…

Gli anni duemila la moltiplicazione dei format

Gli anni duemila vedono espandersi le visioni e le versioni del bar. caduto il freno del blocco delle licenze, i bar si moltiplicano in tutte le città italiane e la concorrenza diventa durissima.

Le idee per conquistare una propria nicchia di pubblico si moltiplicano. Non basta più trovare la posizione perfetta in città, ma ogni bar cerca di elaborare una propria proposta unica.

È il momento del design, della fusion tra bar e arte, bar e musica, bar e spettacolo. Ogni strada viene percorsa per elaborare proposte uniche. La carta degli alcolici e dei cocktail si espande. Ogni gestore cerca di rinnovare il concetto di bar e di servizio, per sorprendere ed attirare clienti.

Il bar in Italia oggi

Oggi più che mai l’evoluzione del bar è in corso e la ricerca di nuove idee e proposte non accenna ad esaurirsi. Il bar è ancora il centro pulsante della vita sociale in città, coinvolge ogni fascia di età, dai giovanissimi ai meno giovani.

La qualità stessa degli operatori sta evolvendo. Scuole e corsi sul bar si moltiplicano in ogni angolo del Paese da Milano a Roma, da Venezia a Napoli. C’è la volontà di proporsi in questo mondo, con competenza e professionalità.

Anche il pubblico è cambiato ed oggi ha una richiesta di qualità più alta che mai. Prodotti e carte dei cocktail si espandono per andare incontro al moltiplicarsi dei gusti e delle esigenza della società contemporanea.

La globalizzazione ha spinto tutti ad allargare il proprio sguardo e le idee per rinnovare spazi e servizi del bar arrivano da ogni angolo del mondo.

Aspettando la prossima tendenza e chi la lancerà, cin cin!

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Speziology e Mia Terri ospiti di “Spirits i maestri del cocktail”

18/12/2018 by Mia Terri

Una chiacchierata con Massimo D’Addezio su Gambero Rosso.

È stato piacevole e divertente essere ospite di Massimo D’Addezio nel suo programma “Spirits: i maestri del cocktail”, su Gambero Rosso, per la nona puntata. Abbiamo parlato di diverse cose e saggiato qualche buon drink seduti al banco del suo bar.

Alchimia verde o spagiria.

Siamo partiti con la nostra conversazione dall’alchimia verde o spagiria, come definita da Paracelso. La spagiria è una frazione dell’erboristica che implica la conoscenza di tutti i fattori che contribuiscono ad ottenere il meglio delle proprietà intrinseche di erbe e spezie, facendo attenzione ad ogni minimo dettaglio.

Nella nostra chiacchierata abbiamo spiegato l’importanza del tempo più volte. Siamo partiti proprio dalla necessità di conoscere ogni spezia per sapere quando raccogliere un fiore o utilizzare l’acqua per idratare.

  • Mia Terri estrazione da Malva con campana tibetana
  • Mia terri su Gambero rosso
  • Spirits i maestri del cocktail ospita Mia Terry di Speziology
  • Spirits i maestri del cocktail un momento delle riprese
  • Spirits i maestri del cocktail
  • Spirits i maestri del cocktail
  • Spirits i maestri del cocktail Mia Terri con Massimo D'Addezio

Tra un Vesper Martini e uno aromatizzato con fiori d’arancio.

Tra una chiacchiera e l’altra ci siamo concessi qualche buon drink, a partire da un Vesper Martini, realizzato con un estratto di zafferano in gin. Poi ne ho preparato personalmente uno, aromatizzato con i fiori d’arancio. Come realizzarlo lo potete vedere seguendo on demand, su Gambero Rosso, la puntata nove di “Spirits i maestri del cocktail“.

Portare i colori della natura in tavola.

Bevendo i nostri drink abbiamo parlato di come portare il colore in tavola, utilizzando i doni della natura. Abbiamo visto come ottenere il rosso dall’ibisco, il giallo dallo zafferano, il blu dal butterfly peae come riuscire ad ottenere altri colori, dal verde all’arancio, con la miscelazione.

Il tempo disegna gli aromi.

Continuando la nostra conversazione con Massimo D’Addezio, abbiamo definito la differenza tra profumo e aroma e come queste investano sensi diversi, dall’olfatto al palato, ma sopratutto abbiamo parlato dell’importanza del tempo.

Il tempo, infatti, definisce gli aromi, nello specifico il tempo dell’estrazione che cambia gli aromi in base alla percentuale di ossigeno nell’aria, alla temperatura, alla pressione. Lo stesso tempo che influisce sull’estrazione in acqua. In distillazione ancora il tempo determina le gamme di aromi.

Ma il tempo è anche il viaggio necessario a recuperare tecniche e conoscenze che affondano nei secoli.

Un’estrazione con campana tibetana e l’importanza delle vibrazioni.

Durante l’incontro ho mostrato anche come realizzare un’estrazione utilizzando le micro vibrazioni date da una campana tibetana, che al di là dell’apparente immobilità, permette un particolare tipo di estrazione.

Non vi racconto altro. Vi lascio alla nona puntata di Spirits – i maestri del cocktail.

Buona visione.

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Come si produce un amaro: l’Amaro Leon di Castagner

26/08/2018 by Mia Terri

Vi racconto come nasce l’amaro Leon di Castagner

Nel 2016 è nata una collaborazione tra Speziology e Castagner  per produrre un nuovo amaro. L’esperienza per entrambe le realtà è stata intensa e appassionata. Vi racconto allora come nasce e si produce un amaro.

Prima  di entrare negli aspetti più tecnici e nelle scelte di produzione, bisogna immaginare che la produzione di un liquore come l’amaro Leon, parte da molto più lontano. C’è un lungo percorso di idee e di pensieri che ti portano a definire quello che andrai a creare e quali profumi e immagini evocherà il prodotto finale.

la bottiglia dell'amaro Leon di Castagner nato dalla collaborazione con Mia Terri di Speziology
laboratori Castagner dove nasce l'amaro Leon da una ricetta di Speziology
Mia Terri anima di Speziology
etichetta posteriore dell'amaro Leon di Castagner

Un percorso di idee e di storia, prima degli alambicchi e dei bollitori 

L’Amaro Leon,  è realizzato con 45 erbe autentiche in materia medica. Per erbe autentiche si intende, non estratti già pronti, ma lavorazioni direttamente da foglie, radici, bacche o altro. Per “materia medica” definiamo quelle erbe utilizzate nell’antica medicina popolare e precursorie delle attuali soluzioni farmaceutiche.

L’idea che guida questo processo di estrazione è che la terra dona al palato i suoi segreti attraverso le sue erbe in un passaggio ininterrotto dalla natura al bicchiere.  Un viaggio alla ricerca di un’emozione sensoriale che ad ogni sorso doni tutta la potenza degli aromi.

Un viaggio tra le stagioni.

Si inizia così un viaggio attraverso le stagioni. La primavera ricca di botaniche e sentori floreali. L’estate del fieno e degli agrumi. Le radici dal sentire abboccato di rabarbaro ed angelica, nel vivere il caldo soffio dell’autunno. Infine farsi avvolgere dalla ricchezza di un inverno al profumo di mirra.

La grappa di prosecco, lungamente invecchiata, segna il sigillo armonico tra gli aromi, nella mistica alchimia dell’Amaro Leon.
Un sorso ed il viaggio ha inizio.

La storia, l’idea, l’alchimia, le erbe e le spezie.

La storia ci regala sempre aneddoti e segreti. La vecchia medicina dei popoli si celava in pratiche mistiche capaci di estrapolare dalla natura tutti i doni ed i segreti che poteva regalare. Una conoscenza che consentiva di raccogliere le erbe, conservarle ed infine riutilizzarle al momento giusto.

Saper ridare vita  alla natura era un arte di pochi eletti. Erano coloro i quali avevano imparato a chiedere con dolcezza e  che venivano premiati, ricevendo i doni di madre natura.

La selezione di erbe per l’amaro Leon è fondata su ben 45 botaniche suddivise in legni, cortecce, semi , bacche, foglie, frutti, infiorescenze e resine.

Appunti di lavoro per la produzione dell'amaro Leon
Estrazione di aromi dalle erbe per l'amaro Leon
parte delle spezie ed erbe utilizzate nell'amaro Leon di Castagner nato dalla collaborazione con Speziology
parte delle spezie ed erbe utilizzate nell'amaro Leon di Castagner

Sono antiche come il calamo aromatico, la corteccia di china, la radice di Angelica, la menta piperita, il luppolo, il giaggiolo, l’aloe, la manna, la mirra, lo zafferano, il condurango, la bardana, la salsapariglia e l’erba carlina, il macis, la cannella, il tarassaco e ancora tante altre a completare la rosa delle 45 preziose erbe contenute nell’amaro Leon.

Un esercizio di equilibrio per realizzare un amaro unico.

Un lungo percorso per ottenere un equilibrio complesso che dona sensazioni nuove ad ogni sorso. Attraverso una lunga preparazione di tutte le componenti suddivise in famiglie e tempi di estrazione, poi raggruppate e miscelate alla ricerca del giusto equilibrio.

Secondo la farmacia alcolica, lo zucchero era fondamentale nelle estrazioni degli aromi più ricchi di parti grasse. Lo sciroppo, un po’ medicale ed un po’ liquore, segna il fondo delle code degli aromi, il gusto lungo al palato. La parte alcolica, anch’essa ricca di altre erbe, colora il cuore ed infine la criticità dei sentori agrumati.

Una struttura complessa da creare, una formula ricca da equilibrare e, soprattutto un messaggio sensoriale da trasmettere. L’idea di creare un profumo da bere, che al primo sorso lasci un ricordo indelebile e fissi nella memoria il bacio della natura.
Ecco il momento in cui l’idea dell’amaro diventa ricetta e si affina.

Conoscenze antiche e un processo naturale dalle radici alle infiorescenze.

Quel giusto tocco di misticismo un po’ arcano ed un po’ alchemico. La farmacia del verde, tutta quella conoscienza dei lontani popoli ed il tocco del fato alcolico. Lo spirito che dalla natura si espande e danza tra gli aromi. Molecole armoniche legate tra loro da sottili equilibri.

Il gusto, il profumo, la natura, lo zucchero, lo spirito, l’alchimia, il tempo, l’aria, la terra e soprattutto l’amore per l’arte del creare. Questi i fondamentali ingredienti che fanno di Leon un prodotto unico nel suo genere.

Quarantacinque erbe che via via si accorpano in tre famiglie da quindicine, si riducono in 8 madri, ed infine in un unico e inimitabile Amaro!

Un processo in cui si parte dalle radici nascoste nella terra, per raggiungere le più sottili infiorescenze. Il percorso nella natura che avvolge in ascesa verso lo spirito. La magia della vita, la creazione ed il fato!

Come si produce l’amaro Leon 

Le principali fasi di produzione di un amaro richiedono anzitutto la selezione di tutte le erbe che comporranno il profumo da bere. Ogni erba ha caratteristiche nella sua struttura singolari. Bisogna quindi applicare ad ognuna la giusta tecnica di estrazione per ottenere il massimo dei suoi aromi.

La antica farmacia liquorista utilizzava zucchero, alcool, acqua ed aceti per estrarre i principi attivi. Nel nostro caso le erbe sono suddivise in gruppi di radici, cortecce, bacche, foglie, fiori e frutti.  È fondamentale non considerare la loro struttura allo stesso modo.

la formula realizzata da Speziology per l'amaro Leon di Castagner

Si inizia dalle radici che singolarmente vengono messe a digerire in zucchero. Successivamente vengono svinate e passate in alcohol a 40% ABV (alcohol by volume). A questo punto, otterremo diverse madri che saranno accorpate fino ad arrivare alla ricetta esatta dell’amaro. Una volta svinate le radici si estrae in alcool per recuperare tutto ciòche ancora possono dare.

Contemporaneamente altre due miscele sono in lavorazione con la stessa volumetria alcolica, ma con tempi di estrazione differenti.

Quando tutto è pronto, avremo otto parti da unire per dosi tra loro. Il peso degli zuccheri nel gusto di coda, il corpo nella struttura di cuore ed infine le fragranze profumate nei profumi di testa. Il bilanciamento non è semplice perché bisogna conoscere bene i risultati delle singole lavorazioni. Ci vuole conoscenza per trovare l’equilibrio perfetto.

Leon, l’amaro di Castagner ha in più un piccolo grande pregio, una quantità di grappa invecchiata di prosecco che ne armonizza i profumi e segna quel sigillo alchemico che rende Leon unico nel suo genere.

 

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Le origini del bere e del bar

12/12/2017 by Mia Terri

Coloni, pirati, guasconi e naviganti alla ricerca di sapori

Fin dal lontano 1600, ovvero, il lungo periodo di colonizzazioni da europei nelle zone asiatiche, l’uso di aromi e spezie, sia come merce di scambio che ingredienti fondamentali nella cultura del cibo e del bere, fu determinante nella contaminazione culturale e soprattutto nell’economia.

Inglesi ed Olandesi verso l’Oriente, Spagnoli, Portoghesi e Francesi verso le Americhe.

Presto le botti che ospitavano Sherry Porto, Madeira e Brandy cedettero il loro utilizzo allo scambio con quelli che saranno Ron…i Cognac ai Rhum… Whisky ai Rum. Banditi, Pirati e Corsari non ebbero mai così tanti bottini da contendersi.

Il mondo non era mai stato così grande e così ricco di sapori.

Nella nostra favola i profumi presero posto in Francia solo alla fine del 1700 con l’obiettivo di coprire “il Puzzo”, solo successivamente ottimizzati nella creazione di liquori dove l’ottimizzazione del profumo si sviluppa solo durante il secolo successivo.

Dai pirati dei caraibi con il rum alle moderne distillerie - la storia infinita del bar

Dalle colonie alle farmacie alcoliche europee

Nascono durante il lungo 1800 tante case liquoristiche dove la farmacia del vecchio bere si specializza creando veri e propri must ancora vincenti a distanza di due secoli successivi.

L’ancestrale Vino, la Gloriosa Birra presto vengono sopraffatte dalla produzione di veri e propri distillati con caratteristiche gusto-olfattive che segneranno i primi segmenti del bartending internazionale.

Si racconta di liquori prodotti nei conventi e nelle abbazie laddove la conoscenza e la cultura, ma soprattutto l’utilizzo della “sana farmacia alcolica” aveva ragion d’essere tutelata dai potenti, permise la nascita di icone come un Benedictine o di una Chartruse che ancora oggi celano la ricetta.

Si narra di medici come Peychaud che ne creò un bitter e qualche anno più avanti Jerry Thomas,”il Bartender” diede vita alla prima, forse, riconosciuta scrittura su come miscelare e crear Drink.

Mode e proibizioni

Le mode si son seguite ed inseguite sino ai giorni nostri, con una piccola grande parentesi chiamata “Proibizionismo” che dettò vere e proprie leggi sulle dinamiche di mercato e successivamente sui mercati. Le limitazioni erano mirate a controllare la grande frode che stava beffando gli stati: ognuno produceva e mercanteggiava alcol senza dichiararne lavorazioni ne corrispondendo tasse di produzione e smercio.

Fu venduta come campagna contro l’alcolismo, ma riscosse l’effetto esattamente contrario.

Il crimine organizzato sapeva già come alimentare e sostenere quel mercato clandestino che da fine 1800, aveva già impiantato radici. A questo punto limitare sarebbe stato come dar più ossigeno a questo grande fuoco che avrebbe bruciato qualunque mercato.

Siamo già nel 1920 quando il trasporto e la vendita di bevande alcoliche era fuorilegge.

Il 5 Dicembre del 1933 Roosvelt decretò la fine di questo periodo di contrabbando e smercio di danari.

Si poté bere alcolici nella propria casa o su ricetta medica sotto forma di rimedi medicali. Nacquero i Club dove ne stiparono in buone quantità.

Era consentito l’uso personale, ma non la fiaschetta a tasca. I luoghi erano solo chiusi a familiari o circoli. Non si poteva mostrare diciture con la pubblicazione della vendita di sostanze alcoliche e neppure lo scambio e la vendita di ricette era consentito.

Il primo passo verso la re-introduzione nel mercato e nelle abitudini della gente di quello che era stato il Demone di un periodo di decadenza culturale e gande crisi economica.

Ogni casa liquoristica nascondeva i suoi segreti negli aromi di ogni profumo da bere, il metodo di produzione divenne be presto il fior all’occhiello nella vendita e nello smercio.

Una bella etichetta, un artistico cartellone pubblicitario, magari anche ispirato ai primi del ‘900, riportava alla mente il momento in cui il Proibizionismo ne spense insegne.

La fine della guerra e del proibizionismo

Siamo al secondo dopo guerra, quando l’arrivo degli americani in Europa arricchì il mercato di nuovi Elixir.
Ricchi di Liquoristica da proteggere nasce A.I.B.E.S nel 1949 come Associazione Italiana Barman e Sostenitori.
Ben presto anche I.B.A, nel vicino 1951, si fonda International Bartenders Association. 

Solo nel 1950 la vodka sfida la guerra fredda ed approda negli Stati Uniti. Ogni associazione cercava di creare un mercato capace di distinguersi ed alimentarsi rispetto al mercato e creando nuove tendenze.

Nel 1961 fu posta una vera e propria selezione di liquori e distillati distribuiti in una cinquantina di Cocktails che han creato una scuola di gusto, cultura e leggenda.

La selezione dei primi “50” sceglieva abitudini già vincenti nel mercato e fu semplice inserirsi come uso classificazione comune.

Ogni cocktail cela un messaggio commerciale o una favola o una leggenda metropolitana…tutti pero’ han fatto il giro del mondo ed hanno insinuato l’arte del bere nella cultura dapprima classista e poi popolare della gente.

Tempi moderni, i cocktail oggi

Nel coso del tempo dalla fine 1800 ad oggi tanti drink hanno modificato la ricetta dall’origine a causa di impossibilità nella reperibilità di alcuni  prodotti caduti in disuso o sostituiti causa Fillossera della vite che modificò addirittura la produzione dell’alcol da vino dando spazio all’alcol da cereali. Anche la produzione di Gin creò vere e proprie leggi determinate alla produzione di alcol ed anche nomi nobili come l’Assenzio furono apice di una vera e propria campagna contro l’alcolismo inibendo addirittura paesi come la Svizzera alla produzione di alcol da cereali onde evitare la produzione e lo smercio dell’assenzio.

Molte storie ed un unico obiettivo, bere bene e soprattutto capire quale il modo migliore per valorizzare un prodotto invece che un altro.

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